Quando è stato annunciato che il nuovo Papa era il cardinale Prevost, il fragore delle scampanate è stato sopravanzato da un enorme respiro di sollievo alzatosi dai petti dei reazionari di tutto l’orbe terracqueo. Finalmente, si tornava all’ordine. Come non cogliere, infatti, il messaggio di quel nome, Leone XIV? Il papa appena defunto aveva sostenuto che «la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata». Quale menzogna! Nella più famosa delle sue ottantaquattro encicliche (quasi un grafomane!), con l’appoggio di tutta la dottrina Leone XIII aveva invece dimostrato che «la proprietà privata è sancita dalle leggi umane e divine». E poi, certo, aveva raccomandato la carità cristiana verso gli operai, la cui mercede non deve essere inferiore al loro sostentamento, purché costoro, si intende, siano frugali e di retti costumi. A proposito di retti costumi, anche se qualcuno è già partito in tromba, è sicuro che le domande morbose e insistenti dei media su pedofilia, omosessualità e altri divertimenti di questo basso impero diminuiranno sin quasi a scomparire. Cessato il pericolo rivoluzionario, non è più il caso di rimestare nel torbido, come facevano con il povero Bergoglio, pace all’anima sua. Un’ultima notazione: per la sinistra italiana, europea, mondiale, il tempo della supplenza è finito. Non c’è più un brav’uomo che dal soglio di Pietro occhieggia, affermando quasi per scherzo le cose inaudite che la sinistra non osa più dire. O si ritrova la propria voce, o si muore.