Aldo Moro

L’altro da sé

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L‘uomo qualunque, scriveva Aldo Moro nel 1945, «non è se stesso, è altri da sé, è pronto a tutto, così ad accettare qualsiasi dittatura, che nasce fatalmente dove al posto dell’ansiosa libertà dello spirito c’è il vuoto»1. La seconda parte è un ricamo moralistico su una prima parte, però, perfettamente informata al concetto di alienazione. Da dove gli veniva questa nozione, a questo colto cattolico, che si sarebbe poi infranto contro l’inscalfibile corazza calcolistico-strumentale del dominio americano? Comunque, l’uomo qualunque non è morto nel ’48. Fu solo ricacciato nelle viscere della nazione dai partiti “razionali” dell’epoca, ma in questi ultimi vent’anni è riemerso sotto tante maschere, tutte riconducibili all’italiano come uomo alienato, cioè tipo umano capitalistico universale, la cui religione, come vide Gramsci, è stata la filosofia di Benedetto Croce, con il suo “vitale” che richiama sempre lo spirito a quelle «cose sensibilmente sovrasensibili», le merci, la cui accumulazione costituisce l’infelice ma inesausta passione di questo paese.


  1. Contro l’“Uomo qualunque”, in “Studium”, n. 9, 1945, p. 266, ora in A. Moro, Al di là della politica e altri scritti. “Studium” 1942-1952, a cura di G. Campanini, Studium, Roma 1982, pp. 255-256, cit. in f. b. [Francesco Barbagallo], Ricordo di Luisa Mangoni, «Studi Storici», 4, ottobre-dicembre 2012, anno 54, pp. 755-759, p. 757) []