Matteo Salvini

Chi è Salvini?

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Chi è Salvini? Salvini è un po’ Stenterello, la maschera fiorentina della commedia dell’arte. È vero, Stenterello era mingherlino e secco, mentre Salvini tende alla pinguedine, ma come Stenterello è un gran chiacchierone e anche un po’ pauroso, bastava vedere la sua faccia quando i gabbiani gli planavano sulla testa, mentre faceva la diretta facebook dalla terrazza del Viminale. Lì Salvini, però, da bravo Stenterello, era anche furbo, furbissimo. Come strillava contro la Raggi, che non pulisce le strade dalla spazzatura! Alleato dei cinquestelle, certo, ma calci negli stinchi appena può. Stenterello è il politico perenne che crede di saperla lunga. Se una proposta ardita viene da un competitore interno o esterno al partito, egli la fa subito propria perché così ritiene di poterla smontare e disinnescarne la carica. Quante sono state le giravolte di Salvini? La più grande di tutte, da comunista padano a fascista cristiano. Salvini, la cui suprema furbizia consiste nell’occupare la casella sulla quale presumibilmente si collocheranno gli altri politici e il gioco si svolge in una gran confusione, tutti adottano la stessa tattica e le stesse prospettive. Poi sarà la furbizia pretesa di Salvini-Stenterello ad avere la meglio sugli altri contendenti, condannati alla sconfitta perché ritenuti non si sa perché sprovvisti del dono prezioso dell’astuzia che abbonda nella sua testa. Costruttore infaticabile di trappole, Stenterello però spesso resta vittima delle sue stesse diavolerie. È da un anno infatti che Salvini prepara trappole per i grillini, e fa intravvedere un giorno sì e l’altro pure che domani ci sarà la crisi di governo. Ma non si decide. Forse si crede un Fabio Massimo Temporeggiatore, ma è solo uno Stenterello che cadrà nelle sue stesse macchinazioni: la crisi di governo la faranno gli altri, e a quel punto i suoi amici Putin e Trump lo sfanculeranno.

Salvini però è anche un po’ Don Rodrigo, il quale come si sa, si può considerare un don Giovanni mancato: desideroso di possedere Lucia, deve ricorrere alla violenza, perché incapace di usare la seduzione. Qui non c’è Lucia, e il matrimonio che non s’ha da fare è con l’immigrazione. E l’immigrazione, con quei bei corpi maschili e femminili, per quanto provati, che porta con sé, suscita un desiderio di possesso che, in chi è incapace di seduzione, può essere soddisfatto con la violenza, violenza indiretta, sfruttamento emarginazione prostituzione, o diretta: respinti, lasciati in mare sotto il sole cocente, bombardati, come chiede Giorgia Meloni, una Monaca di Monza che, spinta dalla sua concezione dell’amore come vassallaggio, dopo aver scartato l’ormai spento Egidio-Berlusconi, la spara grossa per ingraziarsi Salvini-Stenterello che, di sondaggio in sondaggio, di elezione in elezione, sta diventando il signorotto di quel grosso borgo rurale che è ormai l’Italia penta-leghista.

Ma Salvini è anche un po’ Franti, il cattivo sottoproletario che trema davanti ai ragazzi più grandi e se la prende con quelli più deboli di lui. E che alla fine viene prima espulso dalla scuola e poi mandato in prigione dopo una rissa con Stardi. E chi potrebbe essere Stardi? Beh, Stardi potrebbe essere Maurizio Landini. Tozzo e incazzoso, considerato all’inizio duro di comprendonio, supererà le sue difficoltà grazie all’impegno nello studio, e a fine anno risulterà uno dei migliori della classe. Classe operaia, naturalmente. Stardi ha un fratello più piccolo, Nicola Zingaretti, al quale vuole un gran bene, come si vedrà quando lo difenderà da Franti, in una rissa che finirà con la sua vittoria. È vero che per Umberto Eco, Enrico, il pallido protagonista di Cuore, rappresenta l’Italia mediocre e perbenista destinata a sfociare nel fascismo, mentre il cattivo Franti, con i suo bacioni sarcastici, rappresenta la sovversione dell’ordine sociale vigente. Ma queste sono le lucciole per lanterne prese da una certa sinistra quando c’era la grande bonaccia. La noia era tale, che i cattivi venivano scambiati per rivoluzionari. Quando è arrivata la tempesta, le cose si sono chiarite, e ora sarebbe davvero grottesco descrivere Salvini-Franti come un sovvertitore dell’ordine sociale vigente. Se c’è una cosa che Salvini vuole, è non solo non sovvertire, ma addirittura restaurare l’ordine sociale vigente. Certo, non quello ipocrita e mieloso delle democrazie liberali, che egli disprezza profondamente, ma quello solido della “tradizione”, il Dio, sangue e suolo dove il capitale, piccolo e grande, può scorrere feroce perché ben protetto da “sani principi morali”.

Alla fine, dunque, Salvini è una maschera di maschere. Una specie di uno, nessuno e centomila, ma senza la gravità tragica dell’uomo senza qualità del Novecento, piuttosto con la meccanicità rotonda dei robot odierni, il cui algoritmo lo scrivono gente di cui Stenterello-Don Rodrigo-Franti, alias Matteo Salvini, manco sospetta l’esistenza. Salvini, una maschera di maschere, progettata al computer e indossata da un robot.