Pete Buttigieg

Pete Buttigieg e la Grande Nazione Americana

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Pete Buttigieg, sindaco di South Bend, Indiana, Stati Uniti, trentottenne figlio di Joseph, professore nella locale Università di Notre Dame, traduttore in inglese dell’edizione critica dei Quaderni del carcere di Gramsci, morto da poco, Pete Buttigieg, dicevamo, è sulla rampa di lancio per la presidenza degli Stati Uniti. La sua candidatura per i democratici lievita di giorno in giorno, soprattutto dopo che si è presentato al pubblico baciando sulle labbra il marito, un ventinovenne, insegnante in una scuola Montessori annessa alla Cattedrale Episcopale di St. James, sempre a South Bend. Lo ha subito ripreso il vice-presidente degli Stati Uniti, Mike Pence, anch’egli dell’Indiana, il quale ha detto che, con quel suo comportamento, il suo amico Pete lo stava attaccando nella sua fede cristiana poiché, come dice la Bibbia, l’omosessualità è peccato. Pronto, Buttigieg gli ha risposto che la sua polemica non poteva essere diretta a lui, ma al Creatore, in quanto è lui che ha deciso della natura di Buttigieg. A questo punto, si è chiarito che entrambi sono cristiani, ma mentre Pence è un rinato cattolico evangelico, Buttigieg è un protestante, ramo episcopale-anglicano1. È molto bello che questo brodo primordiale religioso che da duecentocinquant’anni ribolle nell’emisfero Nord del Nuovo Mondo non dia segni di esaurimento. Di risveglio in risveglio, di setta in setta, esso digerisce tutte le questioni del mondo, e le incorpora omogeneizzandole nella Grande Nazione Americana. C’era la questione razziale, e con Obama è stata sistemata. La questione femminile, con Hillary, è stata rimandata di qualche tempo, ma ora con Pete Buttigieg la questione omosessuale ha la sua chance. Nella vicenda di Buttigieg c’è una nota personale in più. Il padre, come detto, è stato il valente traduttore in inglese di Gramsci. L’egemonia, dunque, è un patrimonio di famiglia. Pete ha deciso di acquartierarsi nell’egemonia in atto, lasciando che siano pragmaticamente i problemi a decidere quanto essere più o meno radicali nella ricerca della nuova egemonia2. Questa è l’America, il posto migliore non solo per ottenere un’istruzione superiore, come egli orgogliosamente sostiene, ma anche per capire cosa sia davvero la politica. Sentiamolo direttamente da Buttigieg, nel suo discorso di presentazione della candidatura:

Più e più volte, la vita mi ha costretto a comprendere cosa significa per davvero politica. L’ho capito quando sono andato all’estero agli ordini di un commander-in-chief. Quando scrivi una lettera e la metti in una busta con scritto “Just in case”, e la riponi in un posto in cui la tua famiglia la possa trovare, allora non perdi mai di vista la posta in gioco. Quando ero in missione, in ciascuno dei 119 viaggi di ricognizione che ho fatto fuori dalla base guidando o facendo la guardia a un veicolo ho imparato cosa significa affidare la propria vita agli altri. Le donne e gli uomini che erano nel mio veicolo non si preoccupavano se fossi democratico o repubblicano. Si preoccupavano del fatto che avessi scelto una strada con meno minacce di mine possibili, non se mio padre aveva o meno il permesso di soggiorno quando è immigrato qui. Si preoccupavano che la mia M-4 fosse carica e pronta, non se sarei tornato a casa da una ragazza o da un ragazzo. Volevano soltanto tornare a casa sani e salvi, esattamente come me. Volevano ciò che tutti vogliamo: fare un buon lavoro e vivere bene. Essere sicuri che questo avvenga è ciò per cui esiste la politica3.

Naturalmente, avere un buon lavoro e vivere bene sono desideri che dovrebbero valere anche per un afghano o per un irakeno. Sicuramente, in America, nelle sue prestigiose Università dove è possibile ottenere la migliore istruzione superiore del mondo, si dibattono di queste questioni riguardanti la giustizia, nella sua forma di imparzialità chiusa e di imparzialità aperta. Ma poi bisognerebbe trasfonderle in politica. E qui, si capisce, l’ostacolo è grosso, il complesso militare-industriale (Baran & Sweezy, ma anche Eisenhower) non scherza, e quindi si capisce come il pragmatismo, la radicalità graduata, l’omogeneizzazione al sistema, sia il ripiego inevitabile. Ma combattivo. Auguri, Pete.

  1. G. Sarcina, Il candidato Pete bacia il marito in tv. Il vice di Trump attacca: “È peccato”, «Corriere della Sera», 17 aprile 2019, p. 17. []
  2. M. Palumbo, Pete Buttigieg, il sindaco gay anti-Trump, https://www.corriere.it/sette/19_aprile_15/pete-sindaco-gay-anti-trump-b847b1f8-5c36-11e9-b6d2-280acebb4d6e.shtml []
  3. La primavera americana di Pete Buttigieg, https://www.ilfoglio.it/esteri/2019/04/16/news/la-primavera-americana-di-pete-buttigieg-249951/ []