papa Francesco

Il nuovo Papa

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Quando è stato annunciato che il nuovo Papa era il cardinale Prevost, il fragore delle scampanate è stato sopravanzato da un enorme respiro di sollievo alzatosi dai petti dei reazionari di tutto l’orbe terracqueo. Finalmente, si tornava all’ordine. Come non cogliere, infatti, il messaggio di quel nome, Leone XIV? Il papa appena defunto aveva sostenuto che «la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata». Quale menzogna! Nella più famosa delle sue ottantaquattro encicliche (quasi un grafomane!), con l’appoggio di tutta la dottrina Leone XIII aveva invece dimostrato che «la proprietà privata è sancita dalle leggi umane e divine». E poi, certo, aveva raccomandato la carità cristiana verso gli operai, la cui mercede non deve essere inferiore al loro sostentamento, purché costoro, si intende, siano frugali e di retti costumi. A proposito di retti costumi, anche se qualcuno è già partito in tromba, è sicuro che le domande morbose e insistenti dei media su pedofilia, omosessualità e altri divertimenti di questo basso impero diminuiranno sin quasi a scomparire. Cessato il pericolo rivoluzionario, non è più il caso di rimestare nel torbido, come facevano con il povero Bergoglio, pace all’anima sua. Un’ultima notazione: per la sinistra italiana, europea, mondiale, il tempo della supplenza è finito. Non c’è più un brav’uomo che dal soglio di Pietro occhieggia, affermando quasi per scherzo le cose inaudite che la sinistra non osa più dire. O si ritrova la propria voce, o si muore.

In morte di Papa Francesco

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Quando Francesco fu eletto Papa, le aspettative erano che, come annunciava il riferimento al santo di Assisi, egli si concentrasse su una riforma delle strutture economiche e di potere della Chiesa e che non smuovesse niente sul fronte della morale sessuale, nella previsione di una bancarotta del capitalismo che consegnasse alla Chiesa la guida mondiale dei poveri senza dover più combattere la morale libertina di cui il neoliberismo era portatore e contro la quale si era infranto il pontificato di Benedetto XVI. Solo in parte le cose sono andate così, perché Francesco è stato costretto quotidianamente a occuparsi di morale sessuale che era il terreno su cui il neoliberismo lo attaccava ogniqualvolta egli si ergeva a denunciare le sue ingiustizie. Bastava leggere i giornali, in cui le sue intemerate contro il profitto andavano in settima o in ottava pagina, mentre le prime pagine erano occupate dalle denunce dei costumi corrotti di preti e cardinali. Di qui le sue colorite uscite su temi secolari che erano sempre delle concessioni al libertinismo, anche se le giustificava come espressione dell’amore di Dio per tutte le sue creature. La morale secolare è stata dunque il migliore scudo contro le velleità anti-capitalistiche di Francesco il quale, alla fine, ha illuso i poveri, scandalizzato i retrogradi e offerto il pretesto per essere additato come un cripto-marxista. Un Papa dunque intrappolato in un ginepraio di contraddizioni ma deciso a non soccombervi perché ha sempre avuto coscienza della condizione di “nave sballottata” in cui si trova la Chiesa odierna. Ed è questa coscienza che lo avvicina così tanto all’odierna condizione umana, anche se lui non ha avuto nessuna soluzione da proporre che non fosse la testimonianza di una indomita volontà.

Merkel migranten

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Dialoghetto

sulla trasmigrazione biblica in corso

dal Medio Oriente all’Europa Centrale

 

A: Quelle fiumane di gente che dal Medio Oriente si riversano su Vienna e Monaco sono la miglior prova che il fanatismo islamico non ha futuro. Invece il diciottenne ivoriano che ha massacrato i due pensionati di Palagonia (se è andata così), non rende affatto tranquilli. Dove si forma questa capacità di morte, in paesi dove, con tutte le disgrazie che hanno, i figli li crescono bene?

 

B: In quel che dici c’è una nota così inaspettata di ottimismo, che non posso non chiederti spiegazioni. Le migrazioni di questi giorni un segno che il fanatismo islamico non ha futuro? Che Maometto ti ascolti. E invece ti sorprendi di casi come quello di Palagonia? Centinaia di giovani maschi segregati dai cancelli del Cara e dalle molto più pesanti barriere invisibili, tenuti a bagnomaria per mesi: come vuoi che non schizzinino di cervello anche  ammesso (del che dubito assai) che siano stati “cresciuti bene”, come tu dici, nel loro paese?

 

A: Il mio inaspettato ottimismo, se così può dirsi, deriva dalla considerazione di certe paroline provenienti dal Pentagono, in quel di Washington. Dicono che la crisi migratoria durerà vent’anni. Eh, già, loro hanno rotto le uova, e dall’odore hanno subito riconosciuto la frittata. Quella che loro chiamano “crisi migratoria”, mi pare principalmente la conseguenza della distruzione della classe media irachena e siriana, innescata dalla loro guerra condotta al comando del duo Bush-Cheney e alimentata da successive inettitudini e machiavellismi al momento del fallito cambio di regime in Siria. Per fortuna, poi, Obama è stato prudente coi missili, altrimenti a quest’ora avremo anche dei “migranti” iraniani. Non so se ci vorranno vent’anni, o meno, o più, perché quei paesi si ricompongano, ma il loro futuro non può certo essere quello dei grotteschi guerrieri di Allah. Per quanto la Merkel possa offrire loro interessanti salari di quattrocento euro al mese, buona parte di quella gente, che intanto ha cercato rifugio nei paesi degli “infedeli”, vorrà rifluire in Iraq e in Siria, certamente non per assistere agli sgozzamenti ad opera di europei in cerca di sensazioni forti. Insomma, sia la fuga che il (probabile) ritorno mi sembrano sotto il segno di una laicità peculiarmente araba, che l’ottusa intrusione occidentale dell’ultimo decennio ha sconvolto e interrotto nella sua autonoma evoluzione. Altra cosa sono le migrazioni dei ragazzi dell’Africa nera. Mi pare evidente che sono cresciuti bene. Li recuperano in mare, dopo giorni di stenti, sani e muscolosi. Vuol dire che la sanità di base e l’alimentazione in quei paesi, benché poveri, funziona. Nella maggior parte dei casi, poi, sono rispettosi dell’autorità, forse anche troppo. Vuol dire che sino ad un certo punto le famiglie riescono a seguirli, magari con modelli educativi che per noi sono arcaici. Se diventano schizzati, poi, è perché, come dici tu, noi li segreghiamo. Ma si tratta di casi isolati, come l’ivoriano, e questo dimostra che anche la loro salute mentale è robusta, se nella maggior parte dei casi riesce a resistere a quelle prove. Avrai sicuramente visto che Scalfari, che spesso è al telefono con il Vicario di Dio, riferisce che quest’ultimo ha in animo di proporre un piano mondiale di assistenza in loco per questi paesi, mi pare di avere capito un piano Marshall dell’anima. Questi paesi vorranno essere “spiritualmente” assistiti? Riemergerà sotto altre spoglie la nostra inguaribile vocazione coloniale? Ci manderemo reciprocamente a quel paese? Impareremo finalmente ad aiutarci alla pari? Qui ritorno ad essere pessimista, anche se questo papa Francesco fa proprio di tutto per starmi simpatico.

 

B: Convincente la prima parte del tuo discorso, a condizione di un ottimismo di base che mi rallegra  e che voglio condividere: più che come una profezia come auspicabile programma. In altri termini, se la politica occidentale (nel senso di europeo-occidentale, cioè primariamente tedesca), sarà illuminata, il tuo scenario ha probabilità di realizzarsi. Se prevarrà invece la fatua commozione virtuosa, allora assisteremo alla lumpenproletarizzazione della borghesia siriana trapiantata in Europa con tutte le conseguenze del caso. Quanto ai ragazzi africani,  probabilmente c’è di tutto, belli perché ben cresciuti e belli perché sopravvissuti alla mortalità infantile. Quelli hanno poco da aspettarsi a meno che non ci pensi il papa. Che è simpatico anche a me, ma sempre papa è, intendiamoci. Prendi il caso dell’aborto. Te lo dice in modo simpatico: quel che è stato è stato, ma adesso, ragazzi, niente più aborto, intesi?

 

A: L’ideale sarebbe creare le condizioni perché quella gente possa tornare quanto prima nei loro paesi. E questa la vedo dura. Il papa mi convincerà veramente quando farà il gesto opposto di Wojtyla. Questi si affacciò dalla Moneda in compagnia di Pinochet, di fatto benedicendo l’assassinio di Allende. Francesco si dovrebbe affacciare dalla Casa Rosada, in Plaza de Mayo, in omaggio ai desaparecidos argentini.

Il filosofo sballottato

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Parlando in occasione del 200° anniversario della ricostituzione della Compagnia di Gesù, Papa Bergoglio SJ ha affermato che «la nave della Compagnia di Gesù è stata sballottata dalle onde. Anche la barca di Pietro lo può essere oggi. La notte e il potere delle tenebre sono sempre vicini. Per cui remiamo a servizio della Chiesa. Tutti remiamo, anche il Papa rema nella barca di Pietro e dobbiamo pregare tanto il Signore di salvarci»1. “Straparlando” con Antonio Gnoli su “la Repubblica” di ieri, 28 settembre 2014, Mario Tronti, all’intervistatore che gli osservava come, negli anni, fosse passato dall’operaismo a Machiavelli e Hobbes e ora alla teologia politica, ai profeti, e addirittura a Paolo di Tarso, ha risposto: «Se me lo avessero pronosticato trent’anni fa non ci avrei creduto. Però, vede, Paolo è stato il grande politico del cristianesimo. Nelle sue Lettere c’è il Che fare? di Lenin. Guardo molto alla dimensione cattolica, al suo aspetto istituzionale. C’è forza e lunga durata»2. Nella stessa intervista, ma un po’ da sempre negli ultimi decenni, da quando cioè i suoi mitologici operai lo hanno deluso, Tronti fa professione di “realismo politico”, e dopo tanto studiare Machiavelli e Hobbes, ci si aspetterebbe, appunto, uno sguardo “realistico” anche sulla Chiesa cattolica, nella quale, come si è visto, vede invece «forza e lunga durata». Una visione che Papa Francesco, forse perchè alle pagine dei “realisti” ha preferito i film neorealisti, non sembra proprio condividere, se parla della Chiesa come di una “nave sballottata”. Solo che il Papa non è offuscato dal mal di mare, mentre Tronti, che si è seduto in fondo alla Chiesa, sbirciando la messa, sembra in preda ai sintomi di chi, sballottato dalle onde, scambia le proprie allucinazioni con la luce salvifica di un faro inesistente.

  1. “la Repubblica”, 28.9.2014, p. 18 []
  2. “la Repubblica”, 28.9.2014, p. 53 []

Il giudice e il papa

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Nessuno è andato a vedere il colore dei calzini del giudice Thomas Griesa, perché Eugenio Scalfari queste cose non le fa, ma la sua ordinanza che, dall’alto della corte federale di New York, ha ingiunto allo stato sovrano dell’Argentina di corrispondere ai fondi speculativi il rimborso integrale dei bond spazzatura, acquistati a prezzo vile all’epoca del default del paese sudamericano, costituisce un chiaro avvertimento per l’intimo amico del fondatore di “Repubblica”, ovvero Jorge Antonio Bergoglio, il papa venuto dalla “fine del mondo”. Costui, infatti, si azzarda a stigmatizzare con insistenza “il sistema economico che sfrutta l’uomo”, e allora, affinché non sussistano equivoci, il giudice Griesa, con il sicuro istinto che gli deriva dalla sua calvinistica etica della convinzione”, gli ha ricordato cosa può fare ancora di buono questo “sistema” per la patria di papa Francesco, un ulteriore default, questa volta solo “tecnico”, come ci spiegano gli economisti bennati, ma sufficiente a ribadire la lezione a questa nazione che, dopo la “purga” dei generali, negli anni Settanta, e la “rivoluzione culturale” di Menem, negli anni Novanta, si ostina ancora a perseguire la propria riottosa essenza, fornendo addirittura al soglio di Pietro un suo così molesto esponente. A questo punto, non si capisce perché il gesuita argentino, ma forse si capisce perché è un prudente gesuita oltreché un solare argentino, tarda ancora a recarsi a Plaza de Mayo, ad intimare il suo “Pentitevi”, dal balcone del Palazzo del Governo, agli assassini dei trentamila desaparecidos argentini, sacrificati sull’altare di uno dei primissimi interventi “normalizzatori”, all’origine di quest’epoca di assolutismo capitalistico in cui siamo immersi. Dopotutto, molti di quei filantropi, a cominciare da Kissinger, il padrino di Pinochet, antesignano dei generali argentini, sono ancora in vita, e sarebbe un bello spettacolo vedere la loro faccia ad essere segnati a dito da una mano pontificale. O debbono pentirsi solo i mafiosi?