Grecia

Il dolce stil novo della finanza che ha ammazzato la Grecia

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Che giornata! Sul Corriere di oggi, sabato 17 giugno 2017, l’informazione sul massiccio sciopero dei trasporti di ieri, venerdì 16 giugno, si riduce alla semplice citazione, quasi en passant, della organizzazione sindacale che l’ha indetto: “la Confederazione unitaria di base (CUB) e sigle minori”. Per il resto, pur ammettendo che lo sciopero ha sconvolto l’Italia, ha cioè avuto una amplissima adesione da parte dei lavoratori, neanche una parola su cosa siano questa CUB e le altre “sigle minori”, e sul perché queste organizzazioni hanno indetto lo sciopero. Resoconto minuzioso, invece, dei gravi disagi patiti dai viaggiatori, intervista al docente di diritto del lavoro per approfondire i possibili, futuri provvedimenti da prendere contro scioperi del genere, e intervista finale alla segretaria generale della Cisl, che da tempo, tra un acquisto e l’altro di sedi faraoniche da parte della sua organizzazione, definisce “populismo sindacale” il sindacalismo cubista e siglo-minoritario. Il Corriere però si riscatta non nascondendo, in un riquadro in taglio basso, che il grande patriarca Helmuth Kohl, morto il giorno prima, aveva un lato oscuro, distribuiva mazzette per assicurarsi il controllo assoluto del suo partito, la CDU.

Lo stesso trattamento informativo, ehm, è riservato allo sciopero dei trasporti da Repubblica, che addirittura dà voce all’anatema del ministro contro le minoranze che prendono in ostaggio il paese, ma il giornale scalfariano si riscatta riportando, in un unico solo rigo su tre pagine di giornale, che “la vendita delle aziende di trasporto ai privati è una delle principali ragioni dello sciopero”. Se a qualcuno è rimasto in mente il debolissimo ricordo della famosa lettera del 2011, di Draghi e Trichet al governo italiano, da quel rigo solitario come il passero leopardiano potrà evincere che questi lavoratori cubistisiglominoritari stanno continuando a combattere l’austerità e le sue politiche, mentre tanti predicatori televisivi si sbracciano dagli schermi a spiegare che la crisi è finita.

Repubblica però ci dà una bella dritta su Kohl: “pensava come de Gaulle e Adenauer che l’economia è subordinata alla politica”, e forte di questa convinzione spinse per il varo dell’euro. Ecco, se non avesse scambiato la politica per la sistematica corruzione degli avversari, avrebbe compreso che l’economia stava entrando in una fase nuova, in cui per dominarla, ci sarebbe stato bisogno di una politica nuova, non mazzettara. Invece scambiò fischi per fiaschi, e mise il bazooka, cioè l’euro, nelle mani degli incendiari, cioè i nuovi samurai del finanzcapitalismo (copyright, Luciano Gallino). Ma qualche pagina avanti, a proposito del memorandum con cui, sempre ieri, venerdì 16 giungo 2017, Trump ha fatto piazza pulita del disgelo con Cuba avviato da Barack Obama, Federico Rampini ci spiega la logica stringente che ispirava tale politica: “oltre mezzo secolo di sanzioni e di embargo non hanno piegato il regime castrista, forse ci riuscirebbe invece la penetrazione del capitalismo, gli investimenti yankee, il business che porta benessere e aumenta i flussi di visitatori”. Ecco, leggendo queste righe dal sen sfuggite, si ha la prova ontologica dell’esistenza della dialettica. Grazie al dietrofront di Trump, infatti, Cuba è salva, anche contro i tentennanti e incauti suoi dirigenti, tentati di seguire le orme del grande pifferaio Deng Xiaoping, colui che ha portato la Cina in bocca al più spietato capitalismo. Ma perché Trump, il miliardario capitalista Trump, si fa strumento di questa felice piroetta dialettica? La sua svolta, ci dice Rampini, “è una conferma che per Trump la politica fa premio sull’economia”. Brutte notizie. Siamo tornati a de Gaulle e Adenauer. Ma Trump sarà di questa schiera o, come Kohl, confonderà fischi per fiaschi? Vedremo se l’establishment democratico-repubblicano, avvezzo a trent’anni di globalizzazione liberal-liberista, gli darà il tempo di manifestarsi in un senso o nell’altro, fremente com’è di sbalzarlo di sella con l’impeachment del fantomatico Russiagate.

La giornata non è finita. Sempre in Repubblica, nelle pagine della cultura, ehm, viene recensito un libro edito dalla Nave di Teseo, novella e birichina casa editrice di ambiziosi progetti, a firma di due buontemponi, l’ex industriale, romanziere da premio Strega, deputato montian-centrista Edoardo Nesi, e il finanziere, scrittore anzitempo di autobiografie, fondatore di boutique finanziarie dal rassicurante nome teologico, Kairos, ovvero il tempo designato nello scopo di Dio, il Dio mammona del qui e ora, Guido Maria Brera, i quali due esternano tutto il loro disagio sulla crisi in corso dal 2007. Ecco alcuni crucciati pensieri del teologo finanziere, riportati nella recensione: “non mi piaceva per nulla impoverire i greci. Lo facevo, certo. Perché dovevo. Lo dovevo ai miei clienti: al mandato fiduciario che mi avevano dato e che consisteva nel farli guadagnare. Se per qualche ragione avessi smesso di farlo, qualcuno avrebbe preso il mio posto”. Guido Maria Brera confessa che, a forza di queste speculazioni teologico-monetarie, “dormire diventò difficile, e raro“, e subito il romanziere discepolo del gran tecnico Mario Monti, premuroso rincalza: “che fine ha fatto la funzione principe della finanza di cui parlavi prima, Guido, la ragione profonda e irrinunciabile per cui era stata creata secoli e secoli fa, e cioè portare soldi a chi vuole investire nell’economia reale?”. Ecco cos’è il dolce stil novo finanziario: Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io / fossimo presi per incantamento / e messi in un vasel, ch’ad ogni vento / per mare andasse al voler vostro e mio. È proprio un bello spettacolo, questo di Edoardo e Guido, che nel vasel di Teseo vanno incantati per lo liquido mare del denaro. E si stupiscono. Ma, sordi a tanta poesia, ci si chiede se mai sorgerà un’Alta Corte di giustizia che acquisisca come prove irrefutabili le sfrontate, ancorché dolenti, ammissioni circa il genocidio dell’economia greca, e proceda alle doverose condanne.

La Grecia all’ultimo miglio

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La Grecia è all’ultimo miglio. Non accadeva da tempo che una forza proveniente dalle viscere dolenti di questa società sedata, si avvicinasse così tanto al restaurato e ben difeso Palazzo d’Inverno. Le rare cronache obiettive raccontano degli spostamenti, ora per ora, da una posizione all’altra degli ufficiali che guidano la marcia, trattare o non trattare, l’incertezza che coglie il leader, i piani per il dopo di una possibile vittoria, le strade da lasciarsi aperte per una ritirata1. Tutto poi sarà raccontato come epico o tragico, ma c’è la coscienza di un passaggio cruciale. La Grecia era il paese dove la faglia aveva provocato in superficie la guerra civile che aveva cristallizzato gli schieramenti. Nei successivi settant’anni, sembrava un rudere evolutivo, completamente oscurato dalle magnifiche sorti e progressive della partita “egemonica”, un colossale equivoco teorico e un sempre più vergognoso opportunismo pratico che ha portato la “moderna” sinistra italiana all’estinzione, e l’“arcaica” sinistra greca a sfidare il capitalismo della Troika che, nelle parole di chi se ne intende, «significa umiliazione e politica neocoloniale»2. Il referendum dirà se la porta di quel Palazzo dovrà aprirsi, per far passare la colonna vittoriosa, oppure se ci dovrà essere un’altra ritirata, più o meno precipitosa, più o meno ordinata. Anche prima di indire il referendum, si sapeva che il sì era maggioritario. Altrimenti, perché chiedere voti alle ultime politiche non per uscire dall’euro, ma per un’“altra Europa”? Ma la “riforma economica”, senza cui non c’è riforma intellettuale e morale, non c’è egemonia, non c’è governo delle classi subalterne, non c’è nulla di tutto quel verbiage di cui ci si è beati nella bonaccia lunga decenni scambiata per rivoluzione, la “riforma economica”, si diceva, ha tanti nemici, dal panico del buon senso immediato (“come farò con 60 € al giorno?”) alla paura di un domani che si avverte non più retto dalla “distinzione” ma dal principio incognito della “cooperazione”. Tutto nell’immediato cospira contro quelli che oggi sono gli eversori, ma che domani, se il loro “taglio” avrà prodotto la “scissione” nella “placenta” che tutti ci contiene, diventeranno coloro che hanno aperto la via a nuove esperienze, nuove pratiche, nuovi rapporti sociali. La Troika sta con il fiato sospeso, e nei suoi esponenti più pragmatici sino all’ultimo cerca di sottrarsi al verdetto. Perché anche un sì è pericoloso. Il sì significherebbe che nell’immediato l’umiliazione e la politica neocoloniale sarebbero totali e spietate, ma l’odio dei popoli diverrebbe non solo inestinguibile, ma anche inconoscibile nelle forme demoniache che potrebbe assumere. Non solo attenti ai vinti, ma anche attenti ai vincitori.

  1. F. Fubini, Il piano parallelo di Varoufakis: una moneta parallela all’euro, “Corriere della sera”, 2.7.2015, p. 3 []
  2. A. Cazzullo, “Atene sbaglia, ma Berlino stia attenta. O scatenerà una rivolta degli spiriti”. Intervista a Mario Monti, “Corriere della sera, 2.7.2015, p. 5 []

La lettera di Tsipras al popolo greco

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Greche e greci,
da sei mesi il governo greco conduce una battaglia in condizioni di asfissia economica mai vista, con l’obiettivo di applicare il vostro mandato del 25 gennaio a trattare con i partner europei, per porre fine all’austerity e far tornare il nostro paese al benessere e alla giustizia sociale. Per un accordo che possa essere durevole, e rispetti sia la democrazia che le comuni regole europee e che ci conduca a una definitiva uscita dalla crisi.

In tutto questo periodo di trattative ci è stato chiesto di applicare gli accordi di memorandum presi dai governi precedenti, malgrado il fatto che questi stessi siano stati condannati in modo categorico dal popolo greco alle ultime elezioni. Ma neanche per un momento abbiamo pensato di soccombere, di tradire la vostra fiducia.

Dopo cinque mesi di trattative molto dure, i nostri partner, sfortunatamente, nell’eurogruppo dell’altro ieri (giovedì n.d.t.) hanno consegnato una proposta di ultimatum indirizzata alla Repubblica e al popolo greco. Un ultimatum che è contrario, non rispetta i principi costitutivi e i valori dell’Europa, i valori della nostra comune casa europea. È stato chiesto al governo greco di accettare una proposta che carica nuovi e insopportabili pesi sul popolo greco e minaccia la ripresa della società e dell’economia, non solo mantenendo l’insicurezza generale, ma anche aumentando in modo smisurato le diseguaglianze sociali.

La proposta delle istituzioni comprende misure che prevedono una ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro, tagli alle pensioni, nuove diminuzioni dei salari del settore pubblico e anche l’aumento dell’IVA per i generi alimentari, per il settore della ristorazione e del turismo, e nello stesso tempo propone l’abolizione degli alleggerimenti fiscali per le isole della Grecia.

Queste misure violano in modo diretto le conquiste comuni europee e i diritti fondamentali al lavoro, all’eguaglianza e alla dignità; e sono la prova che l’obiettivo di qualcuno dei nostri partner delle istituzioni non era un accordo durevole e fruttuoso per tutte le parti ma l’umiliazione di tutto il popolo greco.

Queste proposte mettono in evidenza l’attaccamento del Fondo Monetario Internazionale a una politica di austerity dura e vessatoria, e rendono più che mai attuale il bisogno che le leadership europee siano all’altezza della situazione e prendano delle iniziative che pongano finalmente fine alla crisi greca del debito pubblico, una crisi che tocca anche altri paesi europei minacciando lo stesso futuro dell’unità europea.

Greche e greci,
in questo momento pesa su di noi una responsabilità storica davanti alle lotte e ai sacrifici del popolo greco per garantire la Democrazia e la sovranità nazionale, una responsabilità davanti al futuro del nostro paese. E questa responsabilità ci obbliga a rispondere all’ultimatum secondo la volontà sovrana del popolo greco.

Poche ore fa (venerdì sera n.d.t.) si è tenuto il Consiglio dei Ministri al quale avevo proposto un referendum perché sia il popolo greco sovrano a decidere. La mia proposta è stata accettata all’unanimità.

Domani (oggi n.d.t.) si terrà l’assemblea plenaria del parlamento per deliberare sulla proposta del Consiglio dei Ministri riguardo la realizzazione di un referendum domenica 5 luglio che abbia come oggetto l’accettazione o il rifiuto della proposta delle istituzioni.

Ho già reso nota questa nostra decisione al presidente francese, alla cancelliera tedesca e al presidente della Banca Europea, e domani con una mia lettera chiederò ai leader dell’Unione Europea e delle istituzioni un prolungamento di pochi giorni del programma (di aiuti n.d.t.) per permettere al popolo greco di decidere libero da costrizioni e ricatti come è previsto dalla Costituzione del nostro paese e dalla tradizione democratica dell’Europa.

Greche e greci, a questo ultimatum ricattatorio che ci propone di accettare una severa e umiliante austerity senza fine e senza prospettiva di ripresa sociale ed economica, vi chiedo di rispondere in modo sovrano e con fierezza, come insegna la storia dei greci. All’autoritarismo e al dispotismo dell’austerity persecutoria rispondiamo con democrazia, sangue freddo e determinazione.

La Grecia è il paese che ha fatto nascere la democrazia, e perciò deve dare una risposta vibrante di Democrazia alla comunità europea e internazionale.
E prendo io personalmente l’impegno di rispettare il risultato di questa vostra scelta democratica qualsiasi esso sia.
E sono del tutto sicuro che la vostra scelta farà onore alla storia della nostra patria e manderà un messaggio di dignità in tutto il mondo.

In questi momenti critici dobbiamo tutti ricordare che l’Europa è la casa comune dei suoi popoli. Che in Europa non ci sono padroni e ospiti. La Grecia è e rimarrà una parte imprescindibile dell’Europa, e l’Europa è parte imprescindibile della Grecia. Tuttavia un’Europa senza democrazia sarà un’Europa senza identità e senza bussola.
Vi chiamo tutti e tutte con spirito di concordia nazionale, unità e sangue freddo a prendere le decisioni di cui siamo degni. Per noi, per le generazioni che seguiranno, per la storia dei greci.
Per la sovranità e la dignità del nostro popolo.

Alexis Tsipras

 

Fonte: Newsletter Micromega 28.6.2015 h 02:02