Un Gramsci lungo quarant’anni

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F. L. P. (30 aprile 2018 06:40): Anche se so che non sarai d’accordo mi fa piacere lo stesso inviarti l’articolo su Gramsci che il 27 aprile l’edizione online del Corriere della Sera ha pubblicato annunciandolo contemporaneamente  nell’edizione cartacea.

F. A. (30 aprile 2018 12:25): In effetti, dissento. Come da quarant’anni a questa parte, continuo a dissentire. Ma devo riconoscere che sei l’unico con cui vale la pena di discutere, nella desolazione della gramsciologia, che in tutti questi anni dal tuo Gramsci del 1979 non è riuscita a confutarti, e ho dovuto provarci io con un articolo che sicuramente non ti ha fatto piacere1. Ma non abbiamo sempre detto che prima di tutto viene l’etica della discussione scientifica? Peccato che hai questa visione così unilaterale del marxismo. Io per un certo periodo me ne sono allontanato, ma leggendo Piaget mi dicevo: “ma queste cose le conosco”. Poi mi sono reso conto che il furbacchione aveva occultamente incorporato Marx nella sua psico-socio-genesi e sedeva sornione nell’azzimato establishment svizzero. Credimi, il totalitarismo è una falsa pista. E capisco che la provocazione è il sale della discussione, ma non c’è bisogno di supporre note segrete per indovinare il tormento di un capo vinto quale fu Gramsci. Credo che il suo tormento dovrebbe invece farci riflettere sul nostro paese, così pronto a rigettare ai margini, incarcerando o santificando, chi ne contesta la sindrome autoritaria.

F. L. P. (1 maggio 2018 10:56): Il dissenso è più importante del consenso. Si impara di più da chi dissente. Se si vuole imparare. Se invece si vuole solo insegnare il consenso è indubbiamente la bussola fondamentale. Detta questa banalità liberal-popperiana (ti ricordi?) e, adesso posso aggiungere, anche gramsciana, poche cose sulla sostanza. Marxismo, comunismo, socialismo, liberalismo, democrazia, capitalismo, fascismo, e tutti i termini del lessico politico sono in grado di significare tutto e il contrario di tutto. Per questo ogni volta che si usano bisogna stare attenti al significato con cui si stanno dicendo. Gramsci è marxista? Formulata così è domanda insensata. Se Gramsci è il punto di partenza di un nuovo marxismo come fa a non essere marxista? Elementare, Watson. Sono giochetti verbali che non aiutano a capire. Allora, d’accordo, i Quaderni sono opera marxista. Anche opera comunista? Ma certo. Contento? Benissimo. Mi puoi adesso spiegare che cosa significava essere comunista negli anni Trenta? Si poteva essere comunisti e non leninisti? Per quello che ne so, un comunista non leninista in quegli anni si definiva e veniva chiamato socialista o qualcosa di simile. A me basta che tu riconosca che se i Quaderni fossero stati pubblicati negli anni Trenta, ossia quando furono scritti, Gramsci sarebbe stato immediatamente espulso dai ranghi del comunismo e, nella patria del comunismo, avrebbe pure fatto una brutta fine. Il dissenso può far parte di un marxismo e/o comunismo critico?  “Comunismo critico” è la formula magica che usa Liguori.  Ma certo, anche se non ho mai capito cosa significhi “comunismo critico” ma nessuno è perfetto e ciascuno di noi ha i propri limiti cognitivi e io limiti ne ho tanti. Perché, ad esempio, non chiamarlo “gentiliano critico”? Con tutti i significati politici che l’aggettivo “gentiliano” ha. Ti assicuro che non sarebbe difficile etichettare il pensiero di Gramsci in questo modo e spiegarlo a partire da Gentile. Cosa ci guadagneremmo? Nulla. Una volta appagate le nostre ansie ideologiche e stabilito che Gramsci (soprattutto quello dei Quaderni) è un comunista critico o un gentiliano critico proviamo a dare un contenuto all’aggettivo “critico”? Ecco a me interessa il vino e non la botte con relativa etichetta.

F. A. (1 maggio 2018 20:52): Non possiamo discutere attardandoci sempre a definire le parole che usiamo. Le usiamo sino a quando funzionano, e questo dovrebbe bastare. Il marxismo di Gramsci è una questione storiografica ma anche attuale. Negli anni Venti e Trenta i comunisti vissero un periodo settario. Elaborare pensieri originali in lingua marxista divenne pericoloso. Gramsci, se non arrestato, avrebbe sicuramente potuto correre dei rischi nel suo campo. Non sappiamo infatti che piega avrebbe preso il suo scontro con Togliatti. Ma, in spregio alle nome vigenti, venne arrestato, la sua vita cambiò, da capo divenne un’icona. Non era ciò che voleva, e questa fu la sua tragedia. I Quaderni e le Lettere (straziante quando alla moglie indirizza lunghe trattazioni politiche) divennero la sua redazione, il suo Comitato Centrale, la sua scuola di partito. Un gigantesco discorso in solitudine attraverso cui però restò sempre miracolosamente attaccato ad una precisa corrente di pensiero. Tanto è vero che, a metà dei Quaranta, fu possibile recepirlo in tale corrente. Non fu una ricezione indolore, anzi fu carica di equivoci, ma bisogna riconoscere che, senza questi equivoci, il marxismo e il comunismo in Italia non avrebbero avuto il seguito che ebbero tra i Cinquanta e i Settanta. Questi equivoci hanno poi portato all’estinzione del marxismo e del comunismo in Italia, dagli Ottanta in poi? Questione aperta che ci porta all’oggi. Cina, Cuba, Vietnam, Corea del Nord, Venezuela con qualche riserva nominale, sono paesi che si dichiarano comunisti e si rifanno al marxismo. Se ci tengono a dichiararsi tali, non possiamo dire che si tratta solo di una sopravvivenza verbale. In Venezuela, addirittura, ma in tutta l’America latina, Gramsci e la sua egemonia sono un punto di riferimento ideologico costante. C’è solo da augurarsi che questo fermento non diventi mai, di nuovo, dottrina di Stato, come c’è il rischio che accada in Cina, dove il marxismo, da intellettuali vicini a chi governa, è elaborato nella sua accezione deterministica. Ma sinché c’è lotta ideologica, c’è speranza. Certo, Gramsci è anche quello dei cultural studies, dei subaltern studies, dei teorici del sistema-mondo, e c’è il Gramsci liberale per il quale ti batti tu. Ma siccome Gramsci resta una estensione originale del marxismo, tutti questi usi di Gramsci, anche in negativo, testimoniano di una permanente irradiazione egemonica di questa corrente di pensiero. Qui, di nuovo, tu mi chiederai cos’è il marxismo. È qualcosa di talmente vivo, che Croce cercò di ammazzarlo, all’inizio del secolo scorso. E, per farlo, si alleò con il montante marginalismo di Böhm-Bawerk, salvo poi trovarsi disarmato nella polemica con Einaudi su liberismo e liberalesimo. Questa lezione dovrebbe bastare. A meno che non la si pensi come tutti quei teorici che, dal nostro Pareto a von Mises, hanno ispirato il detto di Margareth Thatcher: la società non esiste, esiste solo l’individuo. Ma allora bisogna essere conseguenti, e non parlare di individuo, ma di un corpo-organismo che nasce, cresce, si muove nello spazio-tempo in maniera più o meno incongrua rispetto alle sue finalità, e ad un certo punto deperisce, senza avere però alcun diritto di reclamare il conforto finale nemmeno dei propri cari.

F. L. P. (1 maggio 2018 21:09): Bene, mi pare che ci siamo detti civilmente l’essenziale. Una sola piccola annotazione. Non ti pare eccessivo chiamare comunista il regime cinese? Se fosse così, la definizione dei termini credo sia necessaria. Diversamente da quello che pensi. Per coerenza perché non chiamare neocomunista il fascismo?

F. A. (1 maggio 2018 23:20:07): Ma non sono io che definisco comunista la Cina, ma sono loro che ci tengono a definirsi tali. Non mi pare corretto poi assimilare l’attuale regime cinese al fascismo. Il fascismo coartava una “società civile” che si era formata spontaneamente, il comunismo cinese nella versione di Deng stimola la formazione di una “società civile” che in Cina è sempre stata carente. Non mi pare una differenza da poco.

  1. La teoria dell’espressività in Gramsci. A proposito della Gramsci-Wittgenstein connection, «Paradigmi», anno XXXI, nuova serie, 2-2013, maggio-agosto, pp. 151-168. Una precedente versione era già apparsa in «Critica marxista», n. 6, novembre-dicembre 2012, pp. 54-63, tradotta poi in giapponese, «La Città Futura», 2013, organo della Gramsci Tokio Society, http://gramsci-tokyo.com/会報/2013.aspx. []